Parità di genere nel mondo del lavoro: pregiudizi e uguaglianza

“Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”: è questo il quinto dei 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, definiti nel 2015 con l’Agenda ONU 2030.
Donne e mondo del lavoro: non mancano difficoltà e sfide. Il mondo potrà essere davvero sostenibile solo quando si garantirà a tutte le donne del pianeta parità di accesso all’istruzione, il diritto ad un lavoro dignitoso, la giusta rappresentanza ai vertici degli Stati e l’equa partecipazione all’attività politica, senza più alcuna differenza di genere.
Nel mondo Occidentale la strada verso il raggiungimento di questi obiettivi è sicuramente più breve, ma a che punto siamo arrivati esattamente con la parità di genere nel lavoro? Quali progressi sono stati fatti e cosa deve ancora essere migliorato? Scopriamolo insieme in questo articolo.
Se ti interessa questo tema, leggi anche "Donne e carriera, un binomio vincente".
In questo articolo vedremo:
- Donne e lavoro: gli effetti del Covid-19
- Lavori da donna: pregiudizi e discriminazioni
Donne e mercato del lavoro
“La parità di genere è un principio fondamentale dell’Unione europea, ma non ancora una realtà. Nel mondo degli affari, in politica e nella società nel suo complesso potremo raggiungere il nostro pieno potenziale solo utilizzando tutti i nostri talenti e la nostra diversità. Impiegare soltanto la metà della popolazione, la metà delle idee e la metà dell’energia non è sufficiente.”
Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen
Il mercato del lavoro è uno degli ambiti in cui la disparità di genere è evidente e lo testimoniano i numeri. La Commissione Europea ha evidenziato come, in Europa, l’occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni sia del 67%, contro il 78% di quella maschile, e che in media la retribuzione oraria femminile è inferiore del 16% rispetto a quella degli uomini.
Sebbene la percentuale di occupazione sia cresciuta negli anni, il gap tra uomo e donna resta seppur in misure differenti, ed è presente in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.
Donne e lavoro: gli effetti del Covid-19
Se negli ultimi 20-30 anni sono stati fatti grandi progressi in termini di parità di genere, la pandemia da Covid-19 ha portato numerosi cambiamenti, tra i quali una diminuzione della partecipazione delle donne alla forza lavoro, un fatto che la sociologa tedesca Jutta Allmendinger ha definito “retraditionalisation” (ritradizionalizzazione).
La pandemia ha intensificato le sfide che molte donne già affrontavano. Le madri lavoratrici si sono trovate a svolgere più lavori contemporaneamente: oltre alla giornata lavorativa vera e propria hanno dovuto simultaneamente prendersi cura dei bambini e svolgere attività domestiche e di cura. A causa della difficoltà a conciliare tutto, in molte hanno preso in considerazione l’idea di ridimensionare la loro carriera se non addirittura abbandonarla.
Diminuendo la forza lavoro femminile, diminuiscono anche i progressi fatti nella direzione di un superamento della discriminazione di genere sul lavoro. Le ripercussioni di queste scelte sfortunatamente stanno avendo i loro effetti. Non saranno più 99 gli anni necessari per raggiungere una reale parità di genere, bensì 135: lo riporta il World Economic Forum’s Global Gender Gap Report 2021.
Ma nulla è irreparabile. L’Europa si sta impegnando duramente per realizzare un’Unione dell’uguaglianza. Nel 2020, infatti, ha varato la Strategia per la parità di genere 2020-2025 che si compone di una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2025 per migliorare le condizioni delle donne nel mercato del lavoro e porre fine a tutte le altre questioni di genere che affliggono la società.
Questa Strategia può essere riassunta in 4 macro-obiettivi:
- Liberarsi della violenza e degli stereotipi;
- Realizzarsi in un'economia basata sulla parità di genere;
- Svolgere in pari misura ruoli dirigenziali nella società;
- Integrare la dimensione di genere e promuovere una prospettiva intersezionale nelle politiche dell'UE.
Lavori da donna: pregiudizi e discriminazioni
«A troppe di noi è stato detto che dovevamo scegliere tra essere madre e fare carriera. Come madre di sette figli e come presidente della Commissione europea, mi permetto di dissentire. Ma conosco gli ostacoli che le donne affrontano.» Queste le parole di Ursula Von Der Leyen durante il suo intervento al G20 delle donne 2021.
La vita delle donne è fatta di bivi. Uno dei più ricorrenti è quello che le costringe a scegliere tra l’essere madri o fare carriera. Per troppo tempo la figura femminile è stata associata unicamente al ruolo di madre di famiglia e responsabile della cura della casa e dei figli. Questo è più che mai vero nella cultura italiana, dove è la madre che in genere scandisce la vita e le attività familiari, che si prende cura del marito, dei figli e delle persone anziane.
Il Report Eurostat ha analizzato come uno dei principali fattori che tiene viva la differenza di genere risiede proprio nel fatto che le attività di cura hanno un peso maggiore sulle donne rispetto agli uomini. La percentuale di donne inattive nel mondo del lavoro per far fronte a queste mansioni è del 39%, contro il 4% degli uomini.
Figura 1, Fonte: Openpolis
Questo grafico, elaborato da Openpolis su dati Eurostat e aggiornato ad aprile 2020, mostra il divario tra tasso di inattività femminile e maschile per responsabilità familiari e di cura.
L’Unione Europea si è prefissata di ridurre il divario occupazionale del 50% entro il 2030. Per muoversi in questa direzione bisogna partire prima di tutto da un cambiamento culturale e da giusti sostegni. Troppo spesso si sente ancora parlare di “lavori da donna”, un vecchio pregiudizio che vede la figura femminile legata a lavori part time e subordinati a uomini di potere e di successo. Ma è una retorica che non trova più riscontro nella realtà di oggi: sono sempre di più gli esempi di donne istruite e brillanti che ricoprono posizioni apicali e incarichi importanti nella vita politica. Questo è evidente soprattutto nei Paesi del Nord Europa come Svezia, Danimarca e Finlandia, che per il Gender Equality Index rappresentano i Paesi più virtuosi per parità di genere.
Se li prendiamo come esempio, ci rendiamo conto che le disparità nascono in primo luogo dai pregiudizi e che creare un sistema di parità dovrebbe poter permettere un accesso al mercato del lavoro uguale per tutti, senza distinzione di genere.
Ci sono professioni che permettono di conciliare perfettamente vita privata e carriera e che non costringono a scegliere tra mercato del lavoro e famiglia. Il consulente assicurativo, per esempio, è libero di amministrare autonomamente il tempo e quindi di organizzare il proprio lavoro e gestire al meglio la propria giornata.
“Alleanza è molto attenta alla valorizzazione delle consulenti femminili e ogni anno si propone sempre nuovi traguardi per riuscire ad ingaggiare un numero maggiore di donne in questo percorso formativo”
Parola di Stefano La Noce, Training and Development Manager in Alleanza Assicurazioni.
Se ti interessa approfondire quali sono le sfide e le opportunità che deve affrontare oggi una donna nel mondo del lavoro, clicca il pulsante qui sotto e scarica il Report gratuito “Donne e mondo del lavoro”.