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Pinkwashing, greenwashing e rainbow washing: eticità di facciata

Posted by Redazione on 09/11/22 12.05

Pinkwashing, greenwashing e rainbow washing: eticità di facciata

woke washing
Da: Redazione Pubblicato il: 09/11/2022
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Negli ultimi anni la popolazione mondiale si è dimostrata sempre più attenta alle tematiche sociali e ambientali. L’attivismo è quindi diventata una pratica popolare, specialmente per i giovani della Generazione Z che rappresentano la generazione più propensa a scendere in piazza per manifestare a favore dei propri valori.

Valori che oggi rappresentano una delle principali variabili nella scelta di un’azienda, sia per l’acquisto di nuovi prodotti, sia come datore di lavoro. Per questo, le imprese stanno formalizzando politiche di Responsabilità Sociale di Impresa che promuovono la sostenibilità aziendale in tutti i suoi ambiti di applicazione – economica, sociale, ambientale.

Talvolta però queste iniziative risultano essere solamente delle pratiche di woke washing. Con il termine woke washing si intendono tutte quelle azioni che l’azienda compie per compiacere consumatori e dipendenti, senza che abbiano un concreto risvolto fattuale.

Il woke washing è stato declinato negli anni in diversi ambiti, tra cui il pinkwashing, il greenwashing e il rainbow washing. Li approfondiremo in questo articolo.

 

 

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movimenti sociali

Greenwashing: fingere di promuovere la sostenibilità aziendale

Secondo il report EY "Seize the Change – futuri sostenibili” il 69% delle aziende italiane selezionate nella survey ha sviluppato, nel 2022, un piano di sostenibilità ambientale e il 19% ha accelerato la transizione verso modelli più sostenibili proprio in considerazione dei drastici cambiamenti portati dalla pandemia.

Una presa di consapevolezza quanto mai importante per i giovani della Generazione Z: secondo i dati del Workmonitor 2022 di Randstad, quasi la metà di questa generazione non è più disposta ad accettare un lavoro in un’azienda che non si dimostra attivamente più sostenibile.

Ma non tutte le aziende sono dei casi virtuosi: molte, in realtà, promuovono iniziative di sostenibilità aziendale solo per migliorare la propria immagine tra i consumatori. Queste azioni si chiamano propriamente greenwashing.

Con il termine greenwashing, infatti, si intende una strategia di comunicazione che mira a valorizzare la reputazione ambientale dell’impresa nella comunicazione istituzionale e di prodotto senza che vi siano però evidenze fattuali. Sebbene possano avere grande successo in un primo momento, le pratiche di greenwashing si dimostrano facilmente illusorie e conseguono effetti negativi per la stessa azienda.

greenwashing

Rainbow washing: quando le aziende vestono arcobaleno

Uno studio di Human Rights Campaign ha rilevato che il 46% dei dipendenti LGBTQ+ non ha fatto outing sul lavoro e oltre la metà di loro ha sentito battute su persone omosessuali.

Di fatto, l’importanza della D&I aziendale è dimostrata dai dati: i suicidi LGBTQ+ diminuiscono di oltre il 50% quando queste persone vengono accettate dai loro datori di lavoro e quando le organizzazioni si dotano di policy all’insegna dell’inclusione.

Così come accade per la sostenibilità aziendale, anche l’inclusione sessuale è spesso vittima di dichiarazioni che non trovano riscontro nel reale dando vita al fenomeno del rainbow washing.

Il termine rainbow washing richiama il simbolo dell’arcobaleno, in inglese “rainbow”, bandiera identitaria per il movimento LGBTQ+ e indica la tendenza a usare i colori dell’arcobaleno per supportare, a parole, l’uguaglianza LGBTQ+ con il fine di acquisire benevolenza da parte dei consumatori senza però realmente dare un contributo alla comunità.

Oggi il rainbow washing è una pratica sempre più popolare soprattutto nel mese di giugno, il cosiddetto Pride Month, dedicato proprio alla sensibilizzazione sul tema. In questo periodo, le aziende sono solite cambiare i colori dei propri loghi rendendoli arcobaleno per sostenere la causa. Molte di esse, però, non conducono ulteriori iniziative.

Proprio per questa ipocrisia, il rainbow washing è criticato soprattutto dai giovani della Generazione Z che si dimostrano notevolmente aperti e inclusivi nei confronti della diversità in ogni sua forma.

Pinkwashing: il finto sostegno al genere femminile

Il termine pinkwashing indica tutte le iniziative che le imprese promuovono a favore delle cause sociali femminili, con il fine ultimo di ottenere un ritorno di immagine o di aumentare i propri ricavi.

Facendo leva sul valore di inclusione, ricercano così il consenso tra consumatori e dipendenti senza attuare delle vere e proprie azioni a favore delle donne.

Ma come è nato questo termine?

pinkwashing

Il termine pinkwashing venne usato per la prima volta negli anni 2000 dalla Breast Cancer Action. In quel periodo molteplici aziende fecero leva sull’immagine del fiocco rosa, simbolo del cancro al seno, per promuovere i propri prodotti associati alle raccolte fondi. Nacque così il progetto Think Before You Pink, volto a contrastare le iniziative delle imprese che promuovevano la lotta al tumore per soli fini economici.

Ancora oggi il pinkwashing è molto diffuso tra le imprese e il termine è diventato conosciuto dalla popolazione. Gli ambiti che approccia sono diversificati ma negli ultimi anni si sta focalizzando sul tema dell’emancipazione femminile finendo spesso per enfatizzare gli stereotipi di genere.

Anche nel mondo professionale le pratiche di pinkwashing sono molto diffuse tra le aziende che incoraggiano la parità di genere sul lavoro senza mettere in atto azioni correttive.

Nel nostro piccolo, noi di Alleanza Assicurazioni stiamo cercando di invertire questa tendenza dando vita a iniziative di valore per le donne. Attraverso la nostra rete di consulenti cerchiamo di veicolare una corretta educazione finanziaria alle madri con il progetto Mamma è un verbo al futuro”, che mira a sensibilizzare sui temi di protezione della famiglia. Con una campagna editoriale dedicata al genere femminile, inoltre, abbiamo cercato di fare luce sulle donne e il mondo del lavoro per spiegare il contesto evidenziando sfide ed opportunità. 

Ma non solo: promuoviamo la parità di genere anche tra i nostri consulenti e proprio per questo la nostra rete è composta da molte donne. Vuoi saperne di più? Leggi l’articolo “Donne e lavoro in Alleanza” per leggere la testimonianza di una nostra consulente.

 

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