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I giovani e il workaholism: cos’è e quali sono le caratteristiche

Posted by Redazione on 26/07/22 8.18

I giovani e il workaholism: cos’è e quali sono le caratteristiche

workaholism
Da: Redazione Pubblicato il: 26/07/2022
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Durante la crisi pandemica e il lavoro da casa sono, in media, aumentate le ore che i professionisti hanno dedicato al lavoro durante l’intera giornata. Il confinamento presso la propria abitazione e le limitazioni agli spostamenti hanno diminuito le attività di svago a cui ognuno di noi poteva prima dedicarsi: per questo il lavoro si è prolungato spesso oltre i consueti orari di attività.

L’insieme di queste circostanze ha però fatto aumentare anche lo stress sul lavoro e l’ansia: capire come combatterli è quindi diventata una priorità. Ma non solo: è aumentata anche la dipendenza stessa dal lavoro, il cosiddetto workaholism.

Di cosa si tratta? In questo articolo approfondiremo:

 

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Definizione di workaholism

Il primo a parlarne fu lo psicologo americano Oates Wayne: nel 1971 unì le due parole inglese “work”, ovvero “lavoro”, e “alcoholism”, ovvero “alcolismo” creando il termine “workaholism” per indicare una vera e propria dipendenza dall’attività professionale. Nel suo libro definisce il workaholism come

 

la compulsione o il bisogno incontrollabile di lavorare incessantemente

Qualche anno più tardi, nel 1983, un altro autore di nome Monsier, ha cercato di quantificare in termini orari il fenomeno, classificando come workaholic un lavoratore che dedica all’attività professionale almeno 50 ore a settimana.

Con questo termine si intende quindi una forma di assuefazione dal lavoro che richiede un investimento di risorse cognitive, psicologiche, temporali importanti e si verifica quando un individuo ha una vera e propria ossessione per la propria professione.

Ma cosa spinge allora questi professionisti a dedicarsi così tanto al lavoro? Secondo Malissa A. Clark, professore associato di Psicologia e direttrice del laboratorio “Work and Family Experience Research” dell’Università della Georgia, chi soffre di workaholism prova una forte pulsione interna, o una tensione esterna derivata da altri individui, che fa insorgere la sensazione di essere costretti a lavorare per molte più ore rispetto a quante effettivamente necessarie o richieste.

Vediamo allora come accorgersi dalla dipendenza da lavoro.

 

Come si manifesta il workaholism

Lo psicoterapista Bryan E. Robinson ha definito alcuni tratti comuni di un lavoratore workaholic: si tratta di un professionista che si autoimpone regole rigide e privilegia il lavoro a discapito della vita privata, aggravando così il suo worklife balance.

workaholism

Altra conseguenza negativa è il peggioramento delle proprie relazioni, sia famigliari sia lavorative. Infatti, chi ha una dipendenza da lavoro tende a non delegare occupandosi in prima persona di tutte le attività: così facendo viene meno il potenziale del team working e non si sviluppano le soft skill ad esso collegato, oggi tra le competenze più richieste dal mercato del lavoro.

Quali sono però i principali segnali del workaholism?

  • Compulsione lavorativa: lavorare più del necessario, in media 8-10 ore al giorno, senza distinguere tra i giorni feriali e festivi.
  • Nervosismo e ansia nei giorni di ferie: come fossero crisi di astinenza di una dipendenza.
  • Preoccupazioni e paura di essere licenziati: avere incubi su possibili errori o eventuali fallimenti.
  • Pensieri costanti sul lavoro: implementare nuove strategie o pensare a nuovi modi per svolgere le attività.
  • Connessione costante: dedicare ore del proprio tempo libero al lavoro e controllare i dispositivi anche quando si è in ferie.

I giovani e il workaholism

Cosa ne pensano i giovani del workaholism?

Molto più sensibili al tema dell’equilibrio tra vita personale e lavorativa, i giovani della Generazione Z hanno come priorità il work-life balance. Questa priorità si rispecchia nei fatti?

Già nel 2019 si iniziò a far luce sulla situazione lavorativa dei giovani. In un articolo del Sole 24 Ore si evidenzia come:

  • il 66% di essi soffrisse di workaholism,
  • il 63% ha rivelato di essere produttivo anche in malattia,
  • il 70% di rimanere attivo nel weekend,
  • il 39% si è detto disposto a lavorare perfino in vacanza.

Con l’avvento della pandemia sembra però che i giovani professionisti abbiano attuato una presa di coscienza importante sul bilanciamento delle proprie attività. Secondo gli ultimi dati del Workmonitor 2022 di Randstad il 49% degli intervistati ha riferito di sentirsi più stressato rispetto a prima della pandemia e ha in programma di apportare modifiche al proprio work-life balance.

Ma non solo: il 56% dei giovani della Generazione Z intervistati da Randstad ha dichiarato che potrebbe lasciare un lavoro qualora questo impedirebbe loro di godersi la vita. I dipendenti di età compresa tra 18 e 24 anni sembrano quindi essere coloro che maggiormente ricercano un lavoro che permetta loro di condurre una vita felice.

Sembra dunque esserci in corso un forte cambiamento da parte dei lavoratori, i quali percepiscono come sempre più importante il proprio benessere psicofisico. Anche i datori di lavoro si stanno attivando per procedere a tutelare il work-life balance dei propri dipendenti secondo diverse iniziative di CSR volte alla promozione di un miglior ambiente di lavoro.

Noi di Alleanza Assicurazioni abbiamo a cuore il corretto equilibrio dei nostri consulenti: attraverso specifiche politiche di smart working diamo loro la possibilità di gestire i propri impegni in modo flessibile, organizzandosi al meglio.

 

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